Relativamente alla “nuova” figura della “persona sottoposta alle indagini” — destinataria di un segmento “procedimentale” sconosciuto ai compilatori del 1930 — pur se individuabile sulla base di criteri normativi tutt’altro che tranquillanti, non risultano speculazioni quanto alla estensione garantista attuata dall’art. 61 c.p.p., né si registra uno sforzo intellettuale compiuto teso alla predisposizione di parametri codicistici sicuri ai quali allignare l’acquisto dello status. Perciò, essa appare una posizione di garanzia svincolata dalla rigida predeterminazione di atti traslativi e connessa, più semplicemente, all’emersione di elementi di attribuibilità di un fatto-reato. Essa appare, cioè, una situazione concepita al di là del rigorismo formale utilizzato per il protagonista della vicenda processuale: alla indeterminabilità delle condizioni cui riconnettere l’insorgenza delle istanze di tutela, il legislatore, nella visione garantista imposta dall’affermarsi dei valori costituzionali, opta per un meccanismo elastico che ricollega l’emersione delle garanzie alla necessità di tutelare il soggetto comunque destinatario di attenzioni investigative. Da ciò, l’opportunità di ricostruzione, dommatica, del concetto di “procedimento” al fine di individuare il momento iniziale del segmento del quale l’ “indagato” è protagonista, pur in assenza di investiture formali. Su queste ragioni di fondo si realizza la speculazione sulla figura di “indagato”. Con riferimento ad essa, può dirsi che il legislatore del 1988 abbia ritenuto non decisivo ai fini dell’acquisto della qualifica di indagato il dato formale dell’iscrizione ex art. 335 c.p.p., reputando viceversa sufficiente la sussistenza di semplici “indizi di reità. La giurisprudenza di legittimità, pressoché unanimemente, è apparsa concorde nel ritenere l’operatività del capoverso dell’art. 63 c.p.p. non direttamente correlata ad uno status formale, di indagato o imputato, già acquisito al momento in cui la persona viene sentita, bensì alla qualità oggettivamente attribuibile al soggetto quando rende le dichiarazioni, potenzialmente “indizianti”. In sostanza, la tutela apprestata dalla norma non sarebbe circoscritta entro la fase formalmente segnata dal sorgere in capo al soggetto della qualità di indagato, sembrando piuttosto riferirsi alle dichiarazioni indizianti rese da chi non possegga tale qualifica.

Indagato

GRIFFO M
2006-01-01

Abstract

Relativamente alla “nuova” figura della “persona sottoposta alle indagini” — destinataria di un segmento “procedimentale” sconosciuto ai compilatori del 1930 — pur se individuabile sulla base di criteri normativi tutt’altro che tranquillanti, non risultano speculazioni quanto alla estensione garantista attuata dall’art. 61 c.p.p., né si registra uno sforzo intellettuale compiuto teso alla predisposizione di parametri codicistici sicuri ai quali allignare l’acquisto dello status. Perciò, essa appare una posizione di garanzia svincolata dalla rigida predeterminazione di atti traslativi e connessa, più semplicemente, all’emersione di elementi di attribuibilità di un fatto-reato. Essa appare, cioè, una situazione concepita al di là del rigorismo formale utilizzato per il protagonista della vicenda processuale: alla indeterminabilità delle condizioni cui riconnettere l’insorgenza delle istanze di tutela, il legislatore, nella visione garantista imposta dall’affermarsi dei valori costituzionali, opta per un meccanismo elastico che ricollega l’emersione delle garanzie alla necessità di tutelare il soggetto comunque destinatario di attenzioni investigative. Da ciò, l’opportunità di ricostruzione, dommatica, del concetto di “procedimento” al fine di individuare il momento iniziale del segmento del quale l’ “indagato” è protagonista, pur in assenza di investiture formali. Su queste ragioni di fondo si realizza la speculazione sulla figura di “indagato”. Con riferimento ad essa, può dirsi che il legislatore del 1988 abbia ritenuto non decisivo ai fini dell’acquisto della qualifica di indagato il dato formale dell’iscrizione ex art. 335 c.p.p., reputando viceversa sufficiente la sussistenza di semplici “indizi di reità. La giurisprudenza di legittimità, pressoché unanimemente, è apparsa concorde nel ritenere l’operatività del capoverso dell’art. 63 c.p.p. non direttamente correlata ad uno status formale, di indagato o imputato, già acquisito al momento in cui la persona viene sentita, bensì alla qualità oggettivamente attribuibile al soggetto quando rende le dichiarazioni, potenzialmente “indizianti”. In sostanza, la tutela apprestata dalla norma non sarebbe circoscritta entro la fase formalmente segnata dal sorgere in capo al soggetto della qualità di indagato, sembrando piuttosto riferirsi alle dichiarazioni indizianti rese da chi non possegga tale qualifica.
2006
978-88-12-00037-1
dichiarazioni indizianti; status di indagato; art. 350 cpp
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12070/9490
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