Uno dei principi fondamentali dell’Unione europea è il c.d. “multilinguismo”, disciplinato dal Regolamento n. 1 adottato dal Consiglio nel 1958; dal punto di vista operativo, tale principio comporta l’obbligo di traduzione «dei regolamenti e degli altri testi di portata generale» in tutte le lingue ufficiali dell’Unione. Gli studi in tema di “multilinguismo e diritto” si inseriscono in un quadro di sostegno a quel processo di integrazione dei Paesi europei sempre piú necessario anche in considerazione dell’ingresso di nuovi Paesi nell’UE. Tale processo, finalizzato a valorizzare e fare incontrare le diverse identità culturali, intese come il vero patrimonio della civiltà europea, da preservare nella loro tipicità, è un’esigenza fondamentale che, tuttavia, trova notevoli difficoltà di attuazione. Alla differenza degli istituti giuridici dei vari ordinamenti e dei concetti che ne stanno alla base si aggiunge la diversità delle lingue e delle modalità di espressione delle diverse realtà giuridiche. Una delle questioni fondamentali che interferisce con il processo d’armonizzazione voluto dai Trattati europei, che riguarda sia il profilo sopranazionale sia quello nazionale, è proprio quella che scaturisce dalla politica linguistica dell’Unione europea, dalla redazione di testi ufficiali in piú lingue e dalla loro traduzione. L’Unione europea avendo concepito il progetto di perfetto multilinguismo anche sul piano istituzionale, pone la riflessione sul tema della traduzione al centro dei numerosi dibattiti giuridici. L’Europa che vive in un universo linguistico differenziato ha trasformato il senso della traduzione da quello di un’operazione a cui si è obbligati in quello di un’operazione che assurge a posizione simbolica, in quanto vuol siglare la diversità europea fino al punto da poter dire che la lingua dell’Europa è la traduzione. La stagione delle traduzioni, che si estende dall’inizio dell’Ottocento fino all’inizio del Novecento, offre un panorama interessante per chi vuole studiare come circolano i modelli culturali, come si costruiscono le immagini dei sistemi giuridici stranieri, come si prospettano le tecniche di soluzione dei problemi che sono per lo piú comuni in tutte le esperienze dell’Europa occidentale. Il tema della traduzione ha assunto un’importanza ed una valenza del tutto nuove per il diritto nel corso del processo di integrazione europea, che conduce a continue occasioni di incontro e confronto tra i vari sistemi giuridici. La traduzione non si esaurisce nella sua apparente tecnicità, ma richiede necessariamente una valutazione dell’atteggiamento che i traduttori assumono, nel momento in cui si pongono di fronte a quello che costituisce il lascito di una cultura giuridica diversa. L’interpretazione di un testo plurilingue ha esiti diversi in funzione di due fattori principali: il primo è il legame tra lingua e cultura, nel senso che piú distanti sono i fattori culturali piú difficile diviene il problema di assicurare un’interpretazione uniforme ad un testo redatto in diverse lingue; il secondo è un fattore istituzionale posto che i criteri di ermeneutica sono da considerarsi tali. Appare, dunque, ininfluente la struttura della lingua in quanto tale (la radice del problema, come ben evidenzia Rodolfo Sacco, sta nel fatto che ogni contraddizione del testo plurilingue apre uno spazio di scelta all’interprete, il quale è abilitato a colmare la lacuna con i propri mezzi culturali, pertanto è necessario che l’interprete europeo utilizzi strumenti di completamento del testo omologhi e teleologicamente diretti a fini di armonizzazione e non già strumenti che dividono). È pertanto necessaria una profonda riflessione sulla formazione linguistica del giurista. Partendo dal presupposto che non esistono steccati tra le diverse discipline, bisogna diversificare gli approcci, allargare il campo di osservazione, varcare le frontiere. Nel diritto contemporaneo crescono le necessità di scambio e le occasioni di contaminazione, come conseguenza dell’interdipendenza e della stretta interrelazione degli atti e delle situazioni giuridiche. È dunque necessario rafforzare il dialogo fra gli studiosi ed il giurista non può far a meno di tener conto della crescente influenza dei concetti delle scienze sociali (si pensi alla ad esempio alla fertilizzazione reciproca che esiste tra diritto e linguistica). In tale direzione sembra muoversi anche la Corte di giustizia dell’Unione europea secondo la quale il problema della ambiguità dei testi europei deve essere risolto alla luce di criteri extratestuali.

IL PROCESSO DI REDAZIONE DEGLI ATTI COMUNITARI E IL RUOLO DEL "GIURISTA LINGUISTA"

FIORENZA K
2010-01-01

Abstract

Uno dei principi fondamentali dell’Unione europea è il c.d. “multilinguismo”, disciplinato dal Regolamento n. 1 adottato dal Consiglio nel 1958; dal punto di vista operativo, tale principio comporta l’obbligo di traduzione «dei regolamenti e degli altri testi di portata generale» in tutte le lingue ufficiali dell’Unione. Gli studi in tema di “multilinguismo e diritto” si inseriscono in un quadro di sostegno a quel processo di integrazione dei Paesi europei sempre piú necessario anche in considerazione dell’ingresso di nuovi Paesi nell’UE. Tale processo, finalizzato a valorizzare e fare incontrare le diverse identità culturali, intese come il vero patrimonio della civiltà europea, da preservare nella loro tipicità, è un’esigenza fondamentale che, tuttavia, trova notevoli difficoltà di attuazione. Alla differenza degli istituti giuridici dei vari ordinamenti e dei concetti che ne stanno alla base si aggiunge la diversità delle lingue e delle modalità di espressione delle diverse realtà giuridiche. Una delle questioni fondamentali che interferisce con il processo d’armonizzazione voluto dai Trattati europei, che riguarda sia il profilo sopranazionale sia quello nazionale, è proprio quella che scaturisce dalla politica linguistica dell’Unione europea, dalla redazione di testi ufficiali in piú lingue e dalla loro traduzione. L’Unione europea avendo concepito il progetto di perfetto multilinguismo anche sul piano istituzionale, pone la riflessione sul tema della traduzione al centro dei numerosi dibattiti giuridici. L’Europa che vive in un universo linguistico differenziato ha trasformato il senso della traduzione da quello di un’operazione a cui si è obbligati in quello di un’operazione che assurge a posizione simbolica, in quanto vuol siglare la diversità europea fino al punto da poter dire che la lingua dell’Europa è la traduzione. La stagione delle traduzioni, che si estende dall’inizio dell’Ottocento fino all’inizio del Novecento, offre un panorama interessante per chi vuole studiare come circolano i modelli culturali, come si costruiscono le immagini dei sistemi giuridici stranieri, come si prospettano le tecniche di soluzione dei problemi che sono per lo piú comuni in tutte le esperienze dell’Europa occidentale. Il tema della traduzione ha assunto un’importanza ed una valenza del tutto nuove per il diritto nel corso del processo di integrazione europea, che conduce a continue occasioni di incontro e confronto tra i vari sistemi giuridici. La traduzione non si esaurisce nella sua apparente tecnicità, ma richiede necessariamente una valutazione dell’atteggiamento che i traduttori assumono, nel momento in cui si pongono di fronte a quello che costituisce il lascito di una cultura giuridica diversa. L’interpretazione di un testo plurilingue ha esiti diversi in funzione di due fattori principali: il primo è il legame tra lingua e cultura, nel senso che piú distanti sono i fattori culturali piú difficile diviene il problema di assicurare un’interpretazione uniforme ad un testo redatto in diverse lingue; il secondo è un fattore istituzionale posto che i criteri di ermeneutica sono da considerarsi tali. Appare, dunque, ininfluente la struttura della lingua in quanto tale (la radice del problema, come ben evidenzia Rodolfo Sacco, sta nel fatto che ogni contraddizione del testo plurilingue apre uno spazio di scelta all’interprete, il quale è abilitato a colmare la lacuna con i propri mezzi culturali, pertanto è necessario che l’interprete europeo utilizzi strumenti di completamento del testo omologhi e teleologicamente diretti a fini di armonizzazione e non già strumenti che dividono). È pertanto necessaria una profonda riflessione sulla formazione linguistica del giurista. Partendo dal presupposto che non esistono steccati tra le diverse discipline, bisogna diversificare gli approcci, allargare il campo di osservazione, varcare le frontiere. Nel diritto contemporaneo crescono le necessità di scambio e le occasioni di contaminazione, come conseguenza dell’interdipendenza e della stretta interrelazione degli atti e delle situazioni giuridiche. È dunque necessario rafforzare il dialogo fra gli studiosi ed il giurista non può far a meno di tener conto della crescente influenza dei concetti delle scienze sociali (si pensi alla ad esempio alla fertilizzazione reciproca che esiste tra diritto e linguistica). In tale direzione sembra muoversi anche la Corte di giustizia dell’Unione europea secondo la quale il problema della ambiguità dei testi europei deve essere risolto alla luce di criteri extratestuali.
2010
978-88-495-1952-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12070/9123
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