Il processo di industrializzazione del Mezzogiorno è una questione sulla quale frequentemente politici, studiosi di diverse discipline e imprenditori ritornano a discutere, riportando spesso l’attenzione sulla industria quale uno dei principali strumenti di promozione dello sviluppo e di riduzione dei divari delle aree del Sud rispetto alle aree del Centro - Nord. Negli anni anni ’60 il Mezzogiorno d’Italia è stato segnato da politiche che ne hanno ridisegnato la “fisionomia” economica; a partire dagli anni ’80 la politica di industrializzazione si è orientata anche al sostegno alle imprese di piccola e media dimensione, e lo sviluppo del “periferico” italiano (tessuto produttivo minore e industrializzazione manifatturiera), arriva nelle zone del Mezzogiorno e coinvolge inevitabilmente anche la Campania. La storia racconta che l’industria campana come quella meridionale mostra, di lì a breve, un sistema non consolidato nella struttura e comunque dipendente dall’esterno: le grandi imprese appaiono come “cattedrali nel deserto” che non sempre riescono a generare indotto e promuovere lo sviluppo del territorio in cui sono inserite perché svolgono prevalentemente funzioni a basso valore aggiunto; i distretti tendono a concentrarsi in alcune aree piuttosto che in altre perché rispondenti a vantaggi “first nature”, quali risorse naturali, clima, posizione geografica, tradizione manifatturiera, fattori diversi da caso a caso, perché influenzati dalle epoche storiche, dai settori, dalle condizioni locali, innescando e contestualmente reiterando processi di agglomerazione (Viesti, 2000 e 2007). Da allora i distretti campani, inoltre, hanno vissuto e vivono con una contraddizione interna: da un lato un percorso segnato da identità territoriali che nel tempo hanno generato e sedimentato tradizioni artigianali soprattutto nel manifatturiero tessile ed agroalimentare (e dall’altro un percorso indotto dalla volontà politica di avvalersi dell’opportunità distrettuale per innescare e sostenere lo sviluppo di piccole e medie imprese in aree periferiche. Alla luce di tutto ciò, il contributo tiene conto di alcune considerazioni fondamentali: in un periodo di forte crisi c’è chi grida a gran voce che “i distretti tengono” soprattutto nell’export (Rapporto 2011 Intesa Sanpaolo); la Regione Campania, recependo un Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 28/12/2007, ha promosso la costituzione di reti di impresa (Deliberazione n. 463 dell’08 Settembre 2011) al fine di accompagnare e sostenere progetti che, andando oltre i limiti dei distretti, mirino alla costruzione di rapporti duraturi tra sistemi che, pur se localizzati in contesti territoriali differenti, abbiano caratteri similari o complementari dal punto di vista produttivo e dei processi innovativi; nel Piano per il Sud, il Governo Monti ha stanziato circa 30 milioni di Euro per progetti di ricerca e sviluppo a sostegno delle aree distrettuali in crisi finalizzati a innescare circoli virtuosi di sviluppo puntando su competitività e innovazione; Gli obiettivi che il lavoro si pone sono due: - verificare a 15 anni dalla deliberazione n. 25/1 del 15 novembre 1999 istitutiva dei distretti industriali in Campania, a che punto siamo sulla questione distretti, quanto essi abbiano contribuito alla diffusione e al sostegno della industria nella Regione; - approfondire i principali fenomeni evolutivi dell’organizzazione distrettuale e verificare quali strumenti di innovazione siano stati introdotti nei distretti campani (reti di impresa, marchi ecolabel, processi di riconversione verso la green economy, etc….) e quale sia stato il contributo dell’innovazione alla “tenuta” del distretto in un periodo di crisi. Il contributo vuole, pertanto, verificare da un lato se i distretti campani negli anni sono stati destinatari di politiche territoriali necessarie alla creazione di un contesto favorevole all’attività d’impresa in termini di efficienza produttiva ed energetica, infrastrutture, logistica, formazione, e dall’altro se nuovi strumenti, incentivi, agevolazioni, semplificazioni siano state veicolo di maggiori opportunità di sviluppo per le imprese campane in termini di accesso ai mercati internazionali e di sviluppo di conoscenza.
DALLA GRANDE INDUSTRIA AI DISTRETTI INDUSTRIALI: OPPORTUNITÀ (PERSE) E NUOVE SFIDE INNOVATIVE PER LA CAMPANIA
CRESTA A
2013-01-01
Abstract
Il processo di industrializzazione del Mezzogiorno è una questione sulla quale frequentemente politici, studiosi di diverse discipline e imprenditori ritornano a discutere, riportando spesso l’attenzione sulla industria quale uno dei principali strumenti di promozione dello sviluppo e di riduzione dei divari delle aree del Sud rispetto alle aree del Centro - Nord. Negli anni anni ’60 il Mezzogiorno d’Italia è stato segnato da politiche che ne hanno ridisegnato la “fisionomia” economica; a partire dagli anni ’80 la politica di industrializzazione si è orientata anche al sostegno alle imprese di piccola e media dimensione, e lo sviluppo del “periferico” italiano (tessuto produttivo minore e industrializzazione manifatturiera), arriva nelle zone del Mezzogiorno e coinvolge inevitabilmente anche la Campania. La storia racconta che l’industria campana come quella meridionale mostra, di lì a breve, un sistema non consolidato nella struttura e comunque dipendente dall’esterno: le grandi imprese appaiono come “cattedrali nel deserto” che non sempre riescono a generare indotto e promuovere lo sviluppo del territorio in cui sono inserite perché svolgono prevalentemente funzioni a basso valore aggiunto; i distretti tendono a concentrarsi in alcune aree piuttosto che in altre perché rispondenti a vantaggi “first nature”, quali risorse naturali, clima, posizione geografica, tradizione manifatturiera, fattori diversi da caso a caso, perché influenzati dalle epoche storiche, dai settori, dalle condizioni locali, innescando e contestualmente reiterando processi di agglomerazione (Viesti, 2000 e 2007). Da allora i distretti campani, inoltre, hanno vissuto e vivono con una contraddizione interna: da un lato un percorso segnato da identità territoriali che nel tempo hanno generato e sedimentato tradizioni artigianali soprattutto nel manifatturiero tessile ed agroalimentare (e dall’altro un percorso indotto dalla volontà politica di avvalersi dell’opportunità distrettuale per innescare e sostenere lo sviluppo di piccole e medie imprese in aree periferiche. Alla luce di tutto ciò, il contributo tiene conto di alcune considerazioni fondamentali: in un periodo di forte crisi c’è chi grida a gran voce che “i distretti tengono” soprattutto nell’export (Rapporto 2011 Intesa Sanpaolo); la Regione Campania, recependo un Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 28/12/2007, ha promosso la costituzione di reti di impresa (Deliberazione n. 463 dell’08 Settembre 2011) al fine di accompagnare e sostenere progetti che, andando oltre i limiti dei distretti, mirino alla costruzione di rapporti duraturi tra sistemi che, pur se localizzati in contesti territoriali differenti, abbiano caratteri similari o complementari dal punto di vista produttivo e dei processi innovativi; nel Piano per il Sud, il Governo Monti ha stanziato circa 30 milioni di Euro per progetti di ricerca e sviluppo a sostegno delle aree distrettuali in crisi finalizzati a innescare circoli virtuosi di sviluppo puntando su competitività e innovazione; Gli obiettivi che il lavoro si pone sono due: - verificare a 15 anni dalla deliberazione n. 25/1 del 15 novembre 1999 istitutiva dei distretti industriali in Campania, a che punto siamo sulla questione distretti, quanto essi abbiano contribuito alla diffusione e al sostegno della industria nella Regione; - approfondire i principali fenomeni evolutivi dell’organizzazione distrettuale e verificare quali strumenti di innovazione siano stati introdotti nei distretti campani (reti di impresa, marchi ecolabel, processi di riconversione verso la green economy, etc….) e quale sia stato il contributo dell’innovazione alla “tenuta” del distretto in un periodo di crisi. Il contributo vuole, pertanto, verificare da un lato se i distretti campani negli anni sono stati destinatari di politiche territoriali necessarie alla creazione di un contesto favorevole all’attività d’impresa in termini di efficienza produttiva ed energetica, infrastrutture, logistica, formazione, e dall’altro se nuovi strumenti, incentivi, agevolazioni, semplificazioni siano state veicolo di maggiori opportunità di sviluppo per le imprese campane in termini di accesso ai mercati internazionali e di sviluppo di conoscenza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.