Le norme in commento riguardano il procedimento camerale in Cassazione, intorno al quale ruota il rinnovato giudizio di legittimità. Per effetto delle novità introdotte nel 2009, infatti, tutti i ricorsi non destinati alle sezioni unite devono essere assegnati a un relatore nominato nell’ambito di una nuova «apposita sezione» (art. 376, 1° comma, c.p.c.), il quale, ove ritenga sussistere una delle ipotesi previste dall’art. 375, nn. 1 e 5, c.p.c., dà inizio al procedimento camerale regolato dall’art. 380 bis c.p.c., depositando in cancelleria una relazione con la concisa esposizione delle ragioni per le quali ritiene possibile la pronuncia in camera di consiglio. Quindi, il presidente fissa con decreto la data dell’adunanza e la relazione e il decreto presidenziale sono comunicati alle parti e al P.M. i quali, nei cinque giorni precedenti l’adunanza, possono depositare, rispettivamente, memorie e conclusioni scritte. Inoltre, sia le parti sia il P.M. possono comparire all’adunanza e chiedere di essere sentiti. A questo punto, il collegio della «apposita sezione», se ritiene che il ricorso sia inammissibile o manifestamente fondato/infondato, pronuncia ordinanza in camera di consiglio. Davanti alla «apposita sezione» è applicabile solo il rito camerale, sicché ove il relatore o il collegio di quella sezione non ravvisino i presupposti per una pronuncia di inammissibilità o di manifesta fondatezza/infondatezza, il ricorso dev’essere assegnato a una delle sezioni semplici, la quale può deciderlo in pubblica udienza, ma può pure portarlo nuovamente in camera di consiglio (art. 380 bis, 3° e 4° comma, c.p.c.). Nel nuovo assetto del giudizio di cassazione, quindi, i ricorsi che non sono assegnati alle sezioni unite vengono normalmente avviati alla pronuncia camerale della «apposita sezione», e solo quando il relatore o il collegio di quest’ultima non ritengono di poter definire il giudizio è possibile la decisione in pubblica udienza. Peraltro, l’inizio del procedimento camerale a seguito del deposito della relazione ex art. 380 bis c.p.c. da parte del relatore della «apposita sezione» o della sezione semplice (o anche delle sezioni unite le quali, a norma dell’art. 375 c.p.c., possono pronunciare in camera di consiglio) non implica necessariamente che il ricorso verrà deciso in sede camerale, ben potendo il collegio dissentire dal relatore e aprire la strada alla pronuncia in pubblica udienza. In altri termini, il deposito della relazione potrebbe dar vita a un vero e proprio procedimento in camera di consiglio oppure a una semplice “fase” (o “stadio”) camerale del giudizio di cassazione , a seconda che il collegio decida il ricorso in camera di consiglio o pubblica udienza. Sembra quindi chiaro che, nell’ottica della deflazione e dell’accelerazione del giudizio di cassazione, il rito camerale si avvia ad essere utilizzato sempre più di frequente, rischiando così di perdere le proprie caratteristiche di procedimento speciale ed eccezionale rispetto a quello in pubblica udienza.

Commento agli artt. 375, 376, 380 bis e 380 ter c.p.c. e 67 bis ord. giud

DAMIANI F
2009-01-01

Abstract

Le norme in commento riguardano il procedimento camerale in Cassazione, intorno al quale ruota il rinnovato giudizio di legittimità. Per effetto delle novità introdotte nel 2009, infatti, tutti i ricorsi non destinati alle sezioni unite devono essere assegnati a un relatore nominato nell’ambito di una nuova «apposita sezione» (art. 376, 1° comma, c.p.c.), il quale, ove ritenga sussistere una delle ipotesi previste dall’art. 375, nn. 1 e 5, c.p.c., dà inizio al procedimento camerale regolato dall’art. 380 bis c.p.c., depositando in cancelleria una relazione con la concisa esposizione delle ragioni per le quali ritiene possibile la pronuncia in camera di consiglio. Quindi, il presidente fissa con decreto la data dell’adunanza e la relazione e il decreto presidenziale sono comunicati alle parti e al P.M. i quali, nei cinque giorni precedenti l’adunanza, possono depositare, rispettivamente, memorie e conclusioni scritte. Inoltre, sia le parti sia il P.M. possono comparire all’adunanza e chiedere di essere sentiti. A questo punto, il collegio della «apposita sezione», se ritiene che il ricorso sia inammissibile o manifestamente fondato/infondato, pronuncia ordinanza in camera di consiglio. Davanti alla «apposita sezione» è applicabile solo il rito camerale, sicché ove il relatore o il collegio di quella sezione non ravvisino i presupposti per una pronuncia di inammissibilità o di manifesta fondatezza/infondatezza, il ricorso dev’essere assegnato a una delle sezioni semplici, la quale può deciderlo in pubblica udienza, ma può pure portarlo nuovamente in camera di consiglio (art. 380 bis, 3° e 4° comma, c.p.c.). Nel nuovo assetto del giudizio di cassazione, quindi, i ricorsi che non sono assegnati alle sezioni unite vengono normalmente avviati alla pronuncia camerale della «apposita sezione», e solo quando il relatore o il collegio di quest’ultima non ritengono di poter definire il giudizio è possibile la decisione in pubblica udienza. Peraltro, l’inizio del procedimento camerale a seguito del deposito della relazione ex art. 380 bis c.p.c. da parte del relatore della «apposita sezione» o della sezione semplice (o anche delle sezioni unite le quali, a norma dell’art. 375 c.p.c., possono pronunciare in camera di consiglio) non implica necessariamente che il ricorso verrà deciso in sede camerale, ben potendo il collegio dissentire dal relatore e aprire la strada alla pronuncia in pubblica udienza. In altri termini, il deposito della relazione potrebbe dar vita a un vero e proprio procedimento in camera di consiglio oppure a una semplice “fase” (o “stadio”) camerale del giudizio di cassazione , a seconda che il collegio decida il ricorso in camera di consiglio o pubblica udienza. Sembra quindi chiaro che, nell’ottica della deflazione e dell’accelerazione del giudizio di cassazione, il rito camerale si avvia ad essere utilizzato sempre più di frequente, rischiando così di perdere le proprie caratteristiche di procedimento speciale ed eccezionale rispetto a quello in pubblica udienza.
2009
978-88-13-28966-9
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12070/7607
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