Dworkin ci ha lasciato in eredità il rifiuto della separazione tra diritto e morale a favore della tesi secondo cui deve esistere una forma di motivi morali prima facie per affermare l’esistenza di diritti e doveri giuridici. L’elemento cruciale del suo pensiero è che i diritti giuridici debbano essere intesi alla stregua di diritti morali poiché il diritto, per il pensatore americano, non può essere solo un sistema di regole, ma deve includere anche i principi. Tale convinzione lo porta a supporre che la dottrina positivista opposta appartenga al “mondo peculiare dell’essenzialismo giuridico” nel quale si danno solo diritti giuridici pre-analitici senza alcun tipo di terreno o forza morale. La sua opera si definisce nel confronto/scontro avvenuto negli anni con le teorie del giuspositivismo analitico del suo maestro Hart, e nella convinta affermazione della virtù sovrana dell’uguaglianza, sostenuta con teorie di distribuzione delle risorse e attestazioni di vita buona in comunità liberali, le cui descrizioni sembrano assumere talora le caratteristiche utopiche di alcune note teorie socialiste ottocentesche. A famose opere distopiche del ’900, viceversa, possono essere assimilabili alcuni giudizi disfattisti di Dworkin che sanno di infausto avvertimento ai posteri per la “civile” iniquità dei nostri tempi.

Quel che resta di Dworkin

Zavatta L.
2017-01-01

Abstract

Dworkin ci ha lasciato in eredità il rifiuto della separazione tra diritto e morale a favore della tesi secondo cui deve esistere una forma di motivi morali prima facie per affermare l’esistenza di diritti e doveri giuridici. L’elemento cruciale del suo pensiero è che i diritti giuridici debbano essere intesi alla stregua di diritti morali poiché il diritto, per il pensatore americano, non può essere solo un sistema di regole, ma deve includere anche i principi. Tale convinzione lo porta a supporre che la dottrina positivista opposta appartenga al “mondo peculiare dell’essenzialismo giuridico” nel quale si danno solo diritti giuridici pre-analitici senza alcun tipo di terreno o forza morale. La sua opera si definisce nel confronto/scontro avvenuto negli anni con le teorie del giuspositivismo analitico del suo maestro Hart, e nella convinta affermazione della virtù sovrana dell’uguaglianza, sostenuta con teorie di distribuzione delle risorse e attestazioni di vita buona in comunità liberali, le cui descrizioni sembrano assumere talora le caratteristiche utopiche di alcune note teorie socialiste ottocentesche. A famose opere distopiche del ’900, viceversa, possono essere assimilabili alcuni giudizi disfattisti di Dworkin che sanno di infausto avvertimento ai posteri per la “civile” iniquità dei nostri tempi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12070/6099
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