Nel gruppo montuoso del Taburno-Camposauro, nel cuore dell’Appennino campano, il fenomeno carsico è ben diffuso con varie forme epigee ed ipogee. Riguardo quest’ultimo aspetto morfologico, le osservazioni sul campo, a dispetto della nomenclatura diffusa in letteratura, permettono di precisare che alcune delle cavità (note come “grotte” e anche molto ben conosciute e praticate) nulla hanno a che fare, per quanto riguarda la loro origine, con le forme ipogee tipiche della carsificazione dei massicci calcarei che caratterizzano il nostro Appennino. Tuttavia, trattandosi di cavità molto note in ambito locale, le osservazioni effettuate inducono a metterle in relazione con fenomeni di crollo o con fatti tettonici. In effetti, sono sgrottamenti, caverne o antri diffusi soprattutto sul bordo sud-occidentale del Monte Taburno; i loro toponimi, quando esistono, li indicano come grotte (Grotta di Grugnale, Grotta di San Mauro, Grotta Valle Nera, Grotta di San Simeone) e in tal modo sono riportate anche sulla locale cartografia ufficiale. La maggior parte di queste cavità sono dovute solitamente al crollo delle porzioni sovrastanti l’accesso, frequentemente costituite da brecce sintettoniche. Di queste cavità ve ne sono anche altre non segnalate dalle carte, come quella presso il Santuario della Madonna del Taburno o quella presso Ponte di Coppa, a sud di Frasso Telesino. Si tratta, quindi, di sgrottamenti di modesta entità, non superando gli 8-10 metri di larghezza, anzi, nella maggior parte dei casi, hanno uno sviluppo di 3-4 metri o ancor meno, e sono allungate in corrispondenza di linee di frattura che attraversano le brecce sintettoniche. Tuttavia, queste cavità sono molto note localmente e frequentate fin da epoche remote da pastori, briganti, eremiti e ciascuno di questi ha lasciato le sue “impronte”, come, ad esempio, le pitture rupestri raffiguranti figure di santi, risalenti al XII secolo. Ancora oggi, alcune di queste sono adibite a luoghi di culto e di devozione e sono mete di importanti pellegrinaggi e visite turistiche. Le specificità che posseggono sia come fenomeni geologici che come fenomeni culturali e artistici spingono a considerare questi luoghi come siti geoturistici o geositi, la cui valorizzazione potrebbe contribuire in maniera importante ad indirizzare l’attuale area da Parco Naturale Regionale, in cui si trovano, verso i Global Geoparks dell’UNESCO, capaci di veicolare in questi luoghi appenninici l’attenzione internazionale che, crediamo, meritano.

La valenza geoturistica di alcune «grotte» del gruppo montuoso del Taburno-Camposauro, Campania, Italia.

A. Valente
;
A. Cusano
Membro del Collaboration Group
;
P. Magliulo
Membro del Collaboration Group
;
F. Russo
Supervision
2023-01-01

Abstract

Nel gruppo montuoso del Taburno-Camposauro, nel cuore dell’Appennino campano, il fenomeno carsico è ben diffuso con varie forme epigee ed ipogee. Riguardo quest’ultimo aspetto morfologico, le osservazioni sul campo, a dispetto della nomenclatura diffusa in letteratura, permettono di precisare che alcune delle cavità (note come “grotte” e anche molto ben conosciute e praticate) nulla hanno a che fare, per quanto riguarda la loro origine, con le forme ipogee tipiche della carsificazione dei massicci calcarei che caratterizzano il nostro Appennino. Tuttavia, trattandosi di cavità molto note in ambito locale, le osservazioni effettuate inducono a metterle in relazione con fenomeni di crollo o con fatti tettonici. In effetti, sono sgrottamenti, caverne o antri diffusi soprattutto sul bordo sud-occidentale del Monte Taburno; i loro toponimi, quando esistono, li indicano come grotte (Grotta di Grugnale, Grotta di San Mauro, Grotta Valle Nera, Grotta di San Simeone) e in tal modo sono riportate anche sulla locale cartografia ufficiale. La maggior parte di queste cavità sono dovute solitamente al crollo delle porzioni sovrastanti l’accesso, frequentemente costituite da brecce sintettoniche. Di queste cavità ve ne sono anche altre non segnalate dalle carte, come quella presso il Santuario della Madonna del Taburno o quella presso Ponte di Coppa, a sud di Frasso Telesino. Si tratta, quindi, di sgrottamenti di modesta entità, non superando gli 8-10 metri di larghezza, anzi, nella maggior parte dei casi, hanno uno sviluppo di 3-4 metri o ancor meno, e sono allungate in corrispondenza di linee di frattura che attraversano le brecce sintettoniche. Tuttavia, queste cavità sono molto note localmente e frequentate fin da epoche remote da pastori, briganti, eremiti e ciascuno di questi ha lasciato le sue “impronte”, come, ad esempio, le pitture rupestri raffiguranti figure di santi, risalenti al XII secolo. Ancora oggi, alcune di queste sono adibite a luoghi di culto e di devozione e sono mete di importanti pellegrinaggi e visite turistiche. Le specificità che posseggono sia come fenomeni geologici che come fenomeni culturali e artistici spingono a considerare questi luoghi come siti geoturistici o geositi, la cui valorizzazione potrebbe contribuire in maniera importante ad indirizzare l’attuale area da Parco Naturale Regionale, in cui si trovano, verso i Global Geoparks dell’UNESCO, capaci di veicolare in questi luoghi appenninici l’attenzione internazionale che, crediamo, meritano.
2023
978 88 5495 574 5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12070/59039
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