Nel maggio del 1932, in occasione del 2° Convegno di Studi corporativi organizzato a Ferrara, Spirito denunciò l’inadeguatezza della Carta del Lavoro del 1927 che rischiava di mantenere intatti gli aspetti tipici dell’organizzazione statale capitalistico-borghese, e incitò il fascismo, il quale era sorto anche ispirandosi alla Carta del Carnaro, a spingersi oltre, esponendo appassionatamente la tesi della corporazione proprietaria, da configurare quale corpo sociale intermedio tra individuo e Stato. Con la teoria della “corporazione proprietaria”, criticando radicalmente la concezione tradizionale della proprietà privata, e affermando che la produzione, avendo un peso sociale, non può essere soggetta all’arbitrio individuale ma solo all’interesse dello Stato, Spirito divenne, da allora in poi, il più autorevole teorico del corporativismo, inserendosi in un dibattito per il quale venne spesso indicato come un fascista. Ma c’è nelle sue teorie la possibilità di un risvolto del giudizio in base alla sua concezione del lavoro e della corporazione proprietaria, pensata come un organismo in cui la proprietà dei lavoratori si estende dal prodotto agli strumenti di produzione. In questa prospettiva, e per effetto di questa interpretazione, Spirito va dalle corporazioni oltre le corporazioni, in una conseguenza che rende lecita l’affermazione che il filosofo di Arezzo non può essere definito un fascista, ma molto più, e più correttamente, un comunista. In May 1932, on the occasion of the 2nd Conference of Corporative Studies organized in Ferrara, Spirito denounced the inadequacy of the 1927 Labor Charter, which risked keeping intact the typical aspects of the capitalist-bourgeois state organization, and encouraged Fascism, which had also been inspired by the Carnaro Charter, to go further, passionately expounding the thesis of the proprietary corporation, to be configured as an intermediate social body between the individual and the State. With the theory of the "proprietary corporation", radically criticizing the traditional conception of private property, and affirming that production, having a social weight, cannot be subject to individual arbitrariness but only to the interest of the State, Spirito became, from then on, the most authoritative theorist of corporatism, entering a debate for which he was often indicated as a fascist. But there is in his theories the possibility of a change of judgment on the conception of the proprietary corporation thought of as an organism in which the ownership of the operators extends from the product to the instruments of production. In this perspective, and as a result of this interpretation, Spirito goes from corporations beyond corporations, in a consequence that makes it legitimate to affirm that the philosopher from Arezzo cannot be called a fascist, but much more, and more correctly, a communist.
Dai fondamenti dell'economia corporativa alla filosofia del comunismo di Ugo Spirito. Appunti sulla Carta del Lavoro del 1927
ZAVATTA L.
2021-01-01
Abstract
Nel maggio del 1932, in occasione del 2° Convegno di Studi corporativi organizzato a Ferrara, Spirito denunciò l’inadeguatezza della Carta del Lavoro del 1927 che rischiava di mantenere intatti gli aspetti tipici dell’organizzazione statale capitalistico-borghese, e incitò il fascismo, il quale era sorto anche ispirandosi alla Carta del Carnaro, a spingersi oltre, esponendo appassionatamente la tesi della corporazione proprietaria, da configurare quale corpo sociale intermedio tra individuo e Stato. Con la teoria della “corporazione proprietaria”, criticando radicalmente la concezione tradizionale della proprietà privata, e affermando che la produzione, avendo un peso sociale, non può essere soggetta all’arbitrio individuale ma solo all’interesse dello Stato, Spirito divenne, da allora in poi, il più autorevole teorico del corporativismo, inserendosi in un dibattito per il quale venne spesso indicato come un fascista. Ma c’è nelle sue teorie la possibilità di un risvolto del giudizio in base alla sua concezione del lavoro e della corporazione proprietaria, pensata come un organismo in cui la proprietà dei lavoratori si estende dal prodotto agli strumenti di produzione. In questa prospettiva, e per effetto di questa interpretazione, Spirito va dalle corporazioni oltre le corporazioni, in una conseguenza che rende lecita l’affermazione che il filosofo di Arezzo non può essere definito un fascista, ma molto più, e più correttamente, un comunista. In May 1932, on the occasion of the 2nd Conference of Corporative Studies organized in Ferrara, Spirito denounced the inadequacy of the 1927 Labor Charter, which risked keeping intact the typical aspects of the capitalist-bourgeois state organization, and encouraged Fascism, which had also been inspired by the Carnaro Charter, to go further, passionately expounding the thesis of the proprietary corporation, to be configured as an intermediate social body between the individual and the State. With the theory of the "proprietary corporation", radically criticizing the traditional conception of private property, and affirming that production, having a social weight, cannot be subject to individual arbitrariness but only to the interest of the State, Spirito became, from then on, the most authoritative theorist of corporatism, entering a debate for which he was often indicated as a fascist. But there is in his theories the possibility of a change of judgment on the conception of the proprietary corporation thought of as an organism in which the ownership of the operators extends from the product to the instruments of production. In this perspective, and as a result of this interpretation, Spirito goes from corporations beyond corporations, in a consequence that makes it legitimate to affirm that the philosopher from Arezzo cannot be called a fascist, but much more, and more correctly, a communist.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.