Il saggio intende verificare se – in assenza dell’intervento del legislatore – possa sostenersi l’imposizione della vaccinazione anti-Covid per i lavoratori subordinati, quale comportamento esigibile ex contractu per rispondere all’obbligo di sicurezza che incombe al datore di lavoro ex art. 2087 c.c. Sulla base di una lettura interpretativa orientata ai valori costituzionali, si esclude la correlazione tra rifiuto del lavoratore e adozione di misure estintive del rapporto di lavoro. Difatti, in considerazione della libertà di autodeterminazione del cittadino-lavoratore – desumibile dall’art. 32, comma 1, Cost., in combinazione con la previsione dell’art. 2 Cost. e dell’art. 41, comma 2, Cost. – la parte datoriale non è titolare di un potere impositivo in materia vaccinale. Né tantomeno l’interprete può basarsi sull’art. 2087 c.c. o sulle disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria del d.lgs. n. 81/2008, non avendo le suddette normative le caratteristiche del provvedimento attuativo di cui all’art. 32, comma 2, Cost. Da ciò ne deriva che, essendo il vaccino anti-Covid una misura, allo stato delle conoscenze medico-scientifiche, non risolutiva, ed esistendo misure di prevenzione alternative, l’obiettivo solidaristico della salvaguardia dell’interesse della collettività, anche nei luoghi di lavoro, non potrà che essere perseguito nella ordinaria dinamica contrattuale di svolgimento del rapporto di lavoro: segnatamente, per il tramite di un inasprimento quali-quantitativo delle misure di precauzione e dei comportamenti esigibili per i lavoratori che scelgano di non vaccinarsi, che compete, questo sì, al potere datoriale e che può giovarsi dell’apporto della contrattazione collettiva.

Vaccinazione anti-Covid, autodeterminazione del lavoratore e riflessi sul rapporto di lavoro

CERBONE M.
2021-01-01

Abstract

Il saggio intende verificare se – in assenza dell’intervento del legislatore – possa sostenersi l’imposizione della vaccinazione anti-Covid per i lavoratori subordinati, quale comportamento esigibile ex contractu per rispondere all’obbligo di sicurezza che incombe al datore di lavoro ex art. 2087 c.c. Sulla base di una lettura interpretativa orientata ai valori costituzionali, si esclude la correlazione tra rifiuto del lavoratore e adozione di misure estintive del rapporto di lavoro. Difatti, in considerazione della libertà di autodeterminazione del cittadino-lavoratore – desumibile dall’art. 32, comma 1, Cost., in combinazione con la previsione dell’art. 2 Cost. e dell’art. 41, comma 2, Cost. – la parte datoriale non è titolare di un potere impositivo in materia vaccinale. Né tantomeno l’interprete può basarsi sull’art. 2087 c.c. o sulle disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria del d.lgs. n. 81/2008, non avendo le suddette normative le caratteristiche del provvedimento attuativo di cui all’art. 32, comma 2, Cost. Da ciò ne deriva che, essendo il vaccino anti-Covid una misura, allo stato delle conoscenze medico-scientifiche, non risolutiva, ed esistendo misure di prevenzione alternative, l’obiettivo solidaristico della salvaguardia dell’interesse della collettività, anche nei luoghi di lavoro, non potrà che essere perseguito nella ordinaria dinamica contrattuale di svolgimento del rapporto di lavoro: segnatamente, per il tramite di un inasprimento quali-quantitativo delle misure di precauzione e dei comportamenti esigibili per i lavoratori che scelgano di non vaccinarsi, che compete, questo sì, al potere datoriale e che può giovarsi dell’apporto della contrattazione collettiva.
2021
vaccinazione anti-Covid – autodeterminazione del lavoratore – potere del datore di lavoro – sorveglianza sanitaria
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12070/47908
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