Nel testo, le due fasi di occupazione, l'abitato e la necropoli, consentono di cogliere il momento di trasformazione tra Bronzo Antico e Medio lungo il versante costiero dell'area vesuviana. La comunità protostorica residente passa da un sistema segnato dal villaggio ad un nuovo assetto sociale, politico e territoriale; infatti essa disloca per una sopraggiunta necessità l'abitato, dà un nuovo uso come necropoli al sito e riflette la sua nuova organizzazione sociale nella divisione interna della necropoli. Per quanto concerne gli aspetti geoar­cheologici ed il rapporto tra paleosuoli e tra­sformazioni ambientali e storiche, lo scavo ha evidenziato una ricca e complessa successione di livelli di frequentazione antropica che può essere suddivisa in due momenti principali, quello protostorico e quello storico, separati da livelli eruttivi e sedimentari, indicanti una lunga fase di abbandono dell'area durata circa 1000 anni. Si può supporre, pertanto, che in questo lungo lasso di tempo le corrispondenti civiltà abbiano privilegiato altre aree, forse quelle dell'entroterra, più rispondenti alle particolari necessità di carattere ambientale, culturale e strategico. Non vi sono elementi sufficienti per stabilire il preciso assetto morfologico dell'area pompeiana e della piana circostante nell'epoca del Bronzo Antico e del Bronzo Medio iniziale che, come dimostrano per la prima volta gli scavi di S. Abbondio, dovevano conoscere una frequentazione umana piuttosto intensa. A quell'epoca il sito costituiva un discreto alto topografico, dominante una più stretta pianura alluvionale e costiera in forte progradazio­ne. La situazione di alto topografico offriva alla frequentazione umana condizioni di maggiore stabilità, salubrità e sicurezza e gli uomini sfruttavano comunque anche le risorse della piana (acqua, suoli ecc.); la stessa vicinanza del mare e, più ancora, del fiume (o dei laghi, semmai presenti nei meandri abbandonati) dovette costituire un motivo di forte attrattiva. I pochi dati geomorfologici ricavati (CINQUE 1991; Russo 1999) consentono di affermare che intorno al 2500 a.e. la linea di costa correva più interna rispetto a quella attuale di circa 3 km nel suo punto massimo, lambendo la base del rilievo di Pompei, dove modellava una ripida falesia costiera (fig. 2). Tale situazione non dovette durare a lungo se la linea di costa avanzò attestandosi, nel periodo tra la fine del Bronzo Antico ed il Bronzo Medio, in corrispondenza degli attuali alti topografici di Bottaro e Pioppaino, a circa 1.5 km dalla costa attuale. Si può supporre che i prodotti vulcanici, tanto quelli della 'Eruzione di Avellino' quanto quelli di eruzioni successive, abbiano contribuito a questa progradazione, come testimoniano in sezione gli scavi di S. Abbondio (strati num. 3 e 4). Nell'area progradata i dati stratigrafici (Cinque & Russo 1986; BARRA et alii 1989; Albore Livadie et alii 1990) documentano l'esistenza di ambienti transizionali e costieri (stagni, paludi, lagune, suoli ben drenati di ambiente alluvionale etc.) che avevano fatto supporre l'esistenza di insediamenti protostorici a distribuzione circumlacustre (ALBORE LIVADIE 1994), ma lo scavo di S. Abbondio inficia questa ipotesi, mostrando la predilezione per le alture degli insediamenti dell'età del Bronzo anche in questo tratto costiero della Campania.

La necropoli dell’Età del Bronzo di Sant’Abbondio a Pompei. Dati geomorfologico-stratigrafici ed archeologici

RUSSO F
;
2018-01-01

Abstract

Nel testo, le due fasi di occupazione, l'abitato e la necropoli, consentono di cogliere il momento di trasformazione tra Bronzo Antico e Medio lungo il versante costiero dell'area vesuviana. La comunità protostorica residente passa da un sistema segnato dal villaggio ad un nuovo assetto sociale, politico e territoriale; infatti essa disloca per una sopraggiunta necessità l'abitato, dà un nuovo uso come necropoli al sito e riflette la sua nuova organizzazione sociale nella divisione interna della necropoli. Per quanto concerne gli aspetti geoar­cheologici ed il rapporto tra paleosuoli e tra­sformazioni ambientali e storiche, lo scavo ha evidenziato una ricca e complessa successione di livelli di frequentazione antropica che può essere suddivisa in due momenti principali, quello protostorico e quello storico, separati da livelli eruttivi e sedimentari, indicanti una lunga fase di abbandono dell'area durata circa 1000 anni. Si può supporre, pertanto, che in questo lungo lasso di tempo le corrispondenti civiltà abbiano privilegiato altre aree, forse quelle dell'entroterra, più rispondenti alle particolari necessità di carattere ambientale, culturale e strategico. Non vi sono elementi sufficienti per stabilire il preciso assetto morfologico dell'area pompeiana e della piana circostante nell'epoca del Bronzo Antico e del Bronzo Medio iniziale che, come dimostrano per la prima volta gli scavi di S. Abbondio, dovevano conoscere una frequentazione umana piuttosto intensa. A quell'epoca il sito costituiva un discreto alto topografico, dominante una più stretta pianura alluvionale e costiera in forte progradazio­ne. La situazione di alto topografico offriva alla frequentazione umana condizioni di maggiore stabilità, salubrità e sicurezza e gli uomini sfruttavano comunque anche le risorse della piana (acqua, suoli ecc.); la stessa vicinanza del mare e, più ancora, del fiume (o dei laghi, semmai presenti nei meandri abbandonati) dovette costituire un motivo di forte attrattiva. I pochi dati geomorfologici ricavati (CINQUE 1991; Russo 1999) consentono di affermare che intorno al 2500 a.e. la linea di costa correva più interna rispetto a quella attuale di circa 3 km nel suo punto massimo, lambendo la base del rilievo di Pompei, dove modellava una ripida falesia costiera (fig. 2). Tale situazione non dovette durare a lungo se la linea di costa avanzò attestandosi, nel periodo tra la fine del Bronzo Antico ed il Bronzo Medio, in corrispondenza degli attuali alti topografici di Bottaro e Pioppaino, a circa 1.5 km dalla costa attuale. Si può supporre che i prodotti vulcanici, tanto quelli della 'Eruzione di Avellino' quanto quelli di eruzioni successive, abbiano contribuito a questa progradazione, come testimoniano in sezione gli scavi di S. Abbondio (strati num. 3 e 4). Nell'area progradata i dati stratigrafici (Cinque & Russo 1986; BARRA et alii 1989; Albore Livadie et alii 1990) documentano l'esistenza di ambienti transizionali e costieri (stagni, paludi, lagune, suoli ben drenati di ambiente alluvionale etc.) che avevano fatto supporre l'esistenza di insediamenti protostorici a distribuzione circumlacustre (ALBORE LIVADIE 1994), ma lo scavo di S. Abbondio inficia questa ipotesi, mostrando la predilezione per le alture degli insediamenti dell'età del Bronzo anche in questo tratto costiero della Campania.
2018
Geoarcheologia; Pompei; Necropoli; Età del Bronzo; Vulcanologia; Geomorfologia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12070/41272
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