La “esortazione” rivolta al pubblico ministero di puntualizzare l’imputazione induce a considerare la tematica delle conseguenze connesse alla violazione del disposto contenuto nell’art. 417 lett. b) c.p.p. che in passato aveva suscitato anche l’interesse della Corte costituzionale.Non si può condividere quell’approccio che perviene a conferire, al giudice dell’udienza preliminare, il potere di dichiarare la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per la genericità del capo d’imputazione e la conseguente restituzione degli atti al pubblico ministero; soltanto il decreto che dispone il giudizio deve riportare, a pena di nullità, i fatti oggetto di imputazione attraverso una chiara enunciazione degli stessi che consenta all’imputato di esercitare la propria difesa in relazione ad ogni elemento di accusa. Invero, l’opzione legislativa nella direzione della costruzione di un sistema a fattispecie chiuse delle cause di nullità esclude la possibilità di ricondurre la patologia avente ad oggetto la richiesta di rinvio a giudizio a tale disciplina, soprattutto in base al rilievo che il legislatore prevede l’applicazione della nullità nelle due ipotesi specifiche di cui all’art. 416 comma 2 c.p.p. e non, invece, la comminatoria della sanzione in sede di identificazione espressa dei presupposti tipici della richiesta (art. 417 c.p.p.). La conclusione conferma la nuova dimensione del controllo del giudice dell’udienza preliminare, da cui deriva il dovere di espletare tutte le verifiche perché l’enunciazione del fatto possa dirsi avvenuta in aderenza al valore prescrittivo di cui all’art. 417 lett. b) c.p.p. L’assunto, però, merita quale approfondimento.Può dirsi, allora, che l’imputazione contenuta nella richiesta ex art. 417 c.p.p. sia in progress, ricevendo una cristallizzazione definitiva soltanto con la sentenza.Il potere di sollecitazione, dunque, discende dalla funzione propria del giudice dell’udienza preliminare di controllare il corretto esercizio dell’azione penale che passa per l’imputazione; sarebbe irragionevole ipotizzare l’emissione di un atto nullo senza possibilità di intervento.Il che riceve conferma dal complesso normativo disciplinante la situazione inversa e, cioè, il procedimento archiviativo; invero, il giudice per le indagini preliminari, nell’ordinare la formulazione dell’imputazione, ex art. 409, comma 5, c.p.p., si limita ad espletare la funzione di controllo che gli è assegnata dall’ordinamento.Ad ogni modo, nel momento in cui il giudice dell’udienza preliminare esorta il pubblico ministero a correggere l’imputazione non fornisce a quest’ultimo indicazione alcuna circa le modalità di rettifica della stessa, limitandosi a denunciare come non sia ben rappresentato nella richiesta di rinvio a giudizio il fatto oggetto della sua diretta percezione.Così, non può parlarsi di interferenza del giudice sull’azione penale poiché, comunque, egli si limiterebbe ad operare nell’ambito delle funzioni tipiche assegnategli dal sistema essendo il potere sollecitatorio una funzione naturale della giurisdizione di garanzia e di controllo.Non interessa, pertanto, occuparsi della sanzione — nullità e/o inammissibilità — riconnettibile ad una richiesta di rinvio a giudizio contenente un’imputazione formulata in dispregio del disposto di cui alla lett. b) dell’art. 417 c.p.p. perché di tanto non si preoccupa neppure il legislatore.Quest’ultimo, infatti, nella predisposizione del meccanismo di cui all’art. 423 c.p.p. si è limitato ad individuare lo strumento per la correzione della vizio, disinteressandosi della sanzione, e ponendo l’accento sull’itinerario per la eliminazione della sommarietà. In questa chiave, dunque, si allarga il significato dell’art. 423 c.p.p. quale strumento deputato alla correzione delle omissioni di cui all’art. 417 c.p.p., svincolato da “nuove” emergenze in udienza preliminare.
I poteri del giudice dell’udienza preliminare in caso di richiesta di rinvio a giudizio non determinata quanto alla descrizione del fatto oggetto di imputazione
GRIFFO M.
2006-01-01
Abstract
La “esortazione” rivolta al pubblico ministero di puntualizzare l’imputazione induce a considerare la tematica delle conseguenze connesse alla violazione del disposto contenuto nell’art. 417 lett. b) c.p.p. che in passato aveva suscitato anche l’interesse della Corte costituzionale.Non si può condividere quell’approccio che perviene a conferire, al giudice dell’udienza preliminare, il potere di dichiarare la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per la genericità del capo d’imputazione e la conseguente restituzione degli atti al pubblico ministero; soltanto il decreto che dispone il giudizio deve riportare, a pena di nullità, i fatti oggetto di imputazione attraverso una chiara enunciazione degli stessi che consenta all’imputato di esercitare la propria difesa in relazione ad ogni elemento di accusa. Invero, l’opzione legislativa nella direzione della costruzione di un sistema a fattispecie chiuse delle cause di nullità esclude la possibilità di ricondurre la patologia avente ad oggetto la richiesta di rinvio a giudizio a tale disciplina, soprattutto in base al rilievo che il legislatore prevede l’applicazione della nullità nelle due ipotesi specifiche di cui all’art. 416 comma 2 c.p.p. e non, invece, la comminatoria della sanzione in sede di identificazione espressa dei presupposti tipici della richiesta (art. 417 c.p.p.). La conclusione conferma la nuova dimensione del controllo del giudice dell’udienza preliminare, da cui deriva il dovere di espletare tutte le verifiche perché l’enunciazione del fatto possa dirsi avvenuta in aderenza al valore prescrittivo di cui all’art. 417 lett. b) c.p.p. L’assunto, però, merita quale approfondimento.Può dirsi, allora, che l’imputazione contenuta nella richiesta ex art. 417 c.p.p. sia in progress, ricevendo una cristallizzazione definitiva soltanto con la sentenza.Il potere di sollecitazione, dunque, discende dalla funzione propria del giudice dell’udienza preliminare di controllare il corretto esercizio dell’azione penale che passa per l’imputazione; sarebbe irragionevole ipotizzare l’emissione di un atto nullo senza possibilità di intervento.Il che riceve conferma dal complesso normativo disciplinante la situazione inversa e, cioè, il procedimento archiviativo; invero, il giudice per le indagini preliminari, nell’ordinare la formulazione dell’imputazione, ex art. 409, comma 5, c.p.p., si limita ad espletare la funzione di controllo che gli è assegnata dall’ordinamento.Ad ogni modo, nel momento in cui il giudice dell’udienza preliminare esorta il pubblico ministero a correggere l’imputazione non fornisce a quest’ultimo indicazione alcuna circa le modalità di rettifica della stessa, limitandosi a denunciare come non sia ben rappresentato nella richiesta di rinvio a giudizio il fatto oggetto della sua diretta percezione.Così, non può parlarsi di interferenza del giudice sull’azione penale poiché, comunque, egli si limiterebbe ad operare nell’ambito delle funzioni tipiche assegnategli dal sistema essendo il potere sollecitatorio una funzione naturale della giurisdizione di garanzia e di controllo.Non interessa, pertanto, occuparsi della sanzione — nullità e/o inammissibilità — riconnettibile ad una richiesta di rinvio a giudizio contenente un’imputazione formulata in dispregio del disposto di cui alla lett. b) dell’art. 417 c.p.p. perché di tanto non si preoccupa neppure il legislatore.Quest’ultimo, infatti, nella predisposizione del meccanismo di cui all’art. 423 c.p.p. si è limitato ad individuare lo strumento per la correzione della vizio, disinteressandosi della sanzione, e ponendo l’accento sull’itinerario per la eliminazione della sommarietà. In questa chiave, dunque, si allarga il significato dell’art. 423 c.p.p. quale strumento deputato alla correzione delle omissioni di cui all’art. 417 c.p.p., svincolato da “nuove” emergenze in udienza preliminare.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.