Le Sezioni Unite, nel tentativo di evitare discrasie rispetto alle posizioni sulle quali risulta stabilmente attestata la giurisprudenza civile, affrontano la complessa problematica del potere di impugnazione del difensore della parte civile in modo assai sbrigativo, pur non omettendo di analizzare le modalità di esercizio della stessa nei vari gradi del processo penale e di richiamare la distinzione tra i diversi titoli di legittimazione oltre alla natura del potere a ciascuno di essi connesso. Il Supremo organo nomofilattico si pronuncia sul contrasto esistente circa la necessità o meno del conferimento espresso dello specifico potere di impugnazione al difensore della parte civile. E queste, pur con incerti passaggi quanto alla necessità della procura ad hoc per l’impugnazione e nel tentativo ostinato di uniformarsi alla scelta operata nel settore civile, concludono nel senso che la procura conferita «per il presente processo» sarebbe, comunque, idonea ad attribuire il mandato alla impugnazione; viceversa, la formula con la dicitura «vi nominiamo procuratore speciale ai fini della costituzione di parte civile nel presente procedimento penale, con ogni più ampia facoltà di legge» sarebbe tale da provocare la pronuncia di inammissibilità del gravame per difetto di legittimazione dell’impugnante. Questa forma di giurisprudenza «concretizzatrice», però, non soddisfa il compito delle Sezioni Unite nella misura in cui affida al giudice valutazioni discrezionali in ordine al presupposto per l’esercizio di un diritto. Sembra di ardua compatibilità con i principi fondamentali dello Stato di diritto subordinare l’esercizio di diritti processuali alla valutazione discrezionale del giudice. In tale ambito si realizzerebbe una perniciosa equazione discrezionalità-arbitrio dell’organo giudicante, laddove, in assenza di criteri idonei ad orientare l’attività esegetica dell’interprete, l’«ermeneutica delle formule» verrebbe, di fatto, rimessa alla personale valutazione del soggetto chiamato a decidere. La valutazione della volontà delle parti, infatti, è operazione estranea alle norme processuali. Invero, la previsione, a mente della quale «la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo», fornisce il riferimento normativo al quale ancorare l’analisi di tutte le disposizioni dedicate alla parte civile e, specificamente, di quelle concernenti l’esercizio del potere di impugnazione della stessa. Le considerazioni già svolte dimostrano, nell’indicazione fornita da inequivoche previsioni legislative, il carattere necessario della rappresentanza processuale — legale — civile per le parti diverse dall’imputato.

La procura ad impugnare della parte civile

GRIFFO M.
2005-01-01

Abstract

Le Sezioni Unite, nel tentativo di evitare discrasie rispetto alle posizioni sulle quali risulta stabilmente attestata la giurisprudenza civile, affrontano la complessa problematica del potere di impugnazione del difensore della parte civile in modo assai sbrigativo, pur non omettendo di analizzare le modalità di esercizio della stessa nei vari gradi del processo penale e di richiamare la distinzione tra i diversi titoli di legittimazione oltre alla natura del potere a ciascuno di essi connesso. Il Supremo organo nomofilattico si pronuncia sul contrasto esistente circa la necessità o meno del conferimento espresso dello specifico potere di impugnazione al difensore della parte civile. E queste, pur con incerti passaggi quanto alla necessità della procura ad hoc per l’impugnazione e nel tentativo ostinato di uniformarsi alla scelta operata nel settore civile, concludono nel senso che la procura conferita «per il presente processo» sarebbe, comunque, idonea ad attribuire il mandato alla impugnazione; viceversa, la formula con la dicitura «vi nominiamo procuratore speciale ai fini della costituzione di parte civile nel presente procedimento penale, con ogni più ampia facoltà di legge» sarebbe tale da provocare la pronuncia di inammissibilità del gravame per difetto di legittimazione dell’impugnante. Questa forma di giurisprudenza «concretizzatrice», però, non soddisfa il compito delle Sezioni Unite nella misura in cui affida al giudice valutazioni discrezionali in ordine al presupposto per l’esercizio di un diritto. Sembra di ardua compatibilità con i principi fondamentali dello Stato di diritto subordinare l’esercizio di diritti processuali alla valutazione discrezionale del giudice. In tale ambito si realizzerebbe una perniciosa equazione discrezionalità-arbitrio dell’organo giudicante, laddove, in assenza di criteri idonei ad orientare l’attività esegetica dell’interprete, l’«ermeneutica delle formule» verrebbe, di fatto, rimessa alla personale valutazione del soggetto chiamato a decidere. La valutazione della volontà delle parti, infatti, è operazione estranea alle norme processuali. Invero, la previsione, a mente della quale «la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo», fornisce il riferimento normativo al quale ancorare l’analisi di tutte le disposizioni dedicate alla parte civile e, specificamente, di quelle concernenti l’esercizio del potere di impugnazione della stessa. Le considerazioni già svolte dimostrano, nell’indicazione fornita da inequivoche previsioni legislative, il carattere necessario della rappresentanza processuale — legale — civile per le parti diverse dall’imputato.
2005
parte civile; impugnazione parte civile; procura parte civile
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12070/2606
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