Riassunto La catena appenninica è interessata da una tettonica attiva, responsabile di una intensa sismicità che ha dato luogo a devastanti terremoti anche in epoca storica ed attuale (Ascione e Cinque, 2003); gli eventi sismici, generalmente con profondità ipocentrale compresa tra lO e 12 km, sono localizzati prevalentemente in corrispondenza dell'asse della catena (Vannucci et al., 2004). Al fine di ridurre le drammatiche conseguenze dei sismi, è importante riconoscere quelle aree con discontinuità tettoniche potenzialmente sismogenetiche. In tale processo, lo studio geomorfologico è in grado di fornire un notevole contributo, evidenziando ed analizzando gli elementi superficiali di faglie recenti e possibilmente attive. Tali faglie, tuttavia, sono spesso caratterizzate da scarsa evidenza morfologica sia per la recente impostazione dell'attuale regime tettonico, sia per l'efficacia dei processi eroso/deposizionali in grado di mascherarne le evidenze (Ascione e Cinque, 2003). Per questo motivo, l'analisi morfotettonica richiede un livello elevato di dettaglio, per esempio integrando dati desunti dall'analisi di cartografie a grande scala con quelli rilevati in campo e, ancora, con quelli derivanti dall'analisi di Modelli Digitali del Terreno (DTM). In tal modo, è possibile ottenere carte morfotettoniche dettagliate su cui ubicare gli epicentri degli eventi sismici verificatisi in un certo lasso di tempo, al fine di riconoscere quali fra le faglie individuate siano state attive nel periodo di tempo considerato. Nel presente lavoro, l'approccio descritto viene applicato alla bassa valle del Calore beneventano (Valle Telesina), più volte devastata da sismi in epoca storica (ad es. nel 1456 e nel 1688).

Evidenze geomorfologiche di faglie sismicamente attive nella bassa valle del Calore beneventano (Appennino campano).

RUSSO F;
2004-01-01

Abstract

Riassunto La catena appenninica è interessata da una tettonica attiva, responsabile di una intensa sismicità che ha dato luogo a devastanti terremoti anche in epoca storica ed attuale (Ascione e Cinque, 2003); gli eventi sismici, generalmente con profondità ipocentrale compresa tra lO e 12 km, sono localizzati prevalentemente in corrispondenza dell'asse della catena (Vannucci et al., 2004). Al fine di ridurre le drammatiche conseguenze dei sismi, è importante riconoscere quelle aree con discontinuità tettoniche potenzialmente sismogenetiche. In tale processo, lo studio geomorfologico è in grado di fornire un notevole contributo, evidenziando ed analizzando gli elementi superficiali di faglie recenti e possibilmente attive. Tali faglie, tuttavia, sono spesso caratterizzate da scarsa evidenza morfologica sia per la recente impostazione dell'attuale regime tettonico, sia per l'efficacia dei processi eroso/deposizionali in grado di mascherarne le evidenze (Ascione e Cinque, 2003). Per questo motivo, l'analisi morfotettonica richiede un livello elevato di dettaglio, per esempio integrando dati desunti dall'analisi di cartografie a grande scala con quelli rilevati in campo e, ancora, con quelli derivanti dall'analisi di Modelli Digitali del Terreno (DTM). In tal modo, è possibile ottenere carte morfotettoniche dettagliate su cui ubicare gli epicentri degli eventi sismici verificatisi in un certo lasso di tempo, al fine di riconoscere quali fra le faglie individuate siano state attive nel periodo di tempo considerato. Nel presente lavoro, l'approccio descritto viene applicato alla bassa valle del Calore beneventano (Valle Telesina), più volte devastata da sismi in epoca storica (ad es. nel 1456 e nel 1688).
2004
88-900385-8-6
Sismicità, Geomorfologia, Faglie attive, GIS, Valle Telesina, Italia meridionale.
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